In occasione del premio Kaj Franck Design Prize 2020, Ilkka Suppanen si racconta
Ilkka Suppanen, uno dei designer finlandesi più conosciuti al mondo, ha vinto il premio Kaj Franck Design Prize 2020, istituito in Finlandia nel 1992, dal Design Forum Finland di Helsinki, e intitolato al designer Kaj Franck (1911-1989). Suppanen, di base a Milano ormai da diversi anni, ha uno studio di design indipendente dalla metà degli anni Novanta, e ha progettato diversi prodotti in mostra al MoMA, a New York. Suppanen lavora con molte aziende italiane, e gli abbiamo chiesto di parlarci del suo approccio al design e alle aziende italiane.
Cosa significa per te vincere il Kaj Franck Prize?
È bello vincere un premio di design finlandese, per me è un grande onore far parte del gruppo di designer che hanno ricevuto questo premio.
Il tuo approccio progettuale è cambiato nel corso degli anni?
In effetti, sì, nel corso degli anni ho iniziato a capire meglio la complessità dei problemi. Con il tempo, accumulando esperienza, progettare diventa più complicato, si vede meglio la complessità. Da giovani, con meno esperienza, è più facile prendere decisioni senza riflettere troppo a lungo. Oggi, la mia carriera come designer dura da 25 anni, e da allora il mondo è cambiato molto. Di conseguenza, anche i miei progetti sono cambiati molto.
Che influenza hanno avuto sul tuo lavoro i grandi Maestri del design finlandese e le tradizioni scandinave? Ci sono opere o designer o architetti a cui ti sei ispirato in particolare?
Ho sempre apprezzato molto la tradizione del design finlandese e scandinavo, ma non so quanto mi abbia influenzato. Certamente, essere cresciuto circondato da spazi e oggetti scandinavi, ha guidato la mia formazione. Oggi, però, penso che sul mio design ci sia anche l’influenza del design italiano. Ho imparato a conoscere la storia del design e dell’architettura italiana, che data oltre 1.000 anni, mentre il design scandinavo, pur avendo una lunga e forte tradizione, è molto più recente. Ci sono molti architetti e designer che mi piacciono, è difficile quali mi hanno ispirato di più. Grandi fonti di ispirazione sono Mies van der Rohe e Carlo Scarpa, o l’arte di Anselm Kieffer.
Durante la tua lunga carriera hai lavorato nel campo del design e dell’arte progettando mobili, lampade e oggetti in vetro. C’è un “fil rouge” che lega tutto il tuo lavoro?
L’unico “ fil rouge” sono io: mi adatto e cambio approccio a ogni progetto.
Qual è la fonte di ispirazione per i tuoi progetti?
Fondamentalmente, io sono ispirato dalle persone, da quello che fanno, da come si comportano. In un certo senso, si potrebbe dire che la vita stessa è una fonte di ispirazione. Inoltre, nel corso degli anni sento sempre di più di avere una responsabilità, come designer. In definitiva, le cose importanti, del design e nell’architettura, non sono le fonti di ispirazione, ciò che conta di più è la responsabilità nei confronti del mondo.
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Tra i tuoi clienti ci sono molte aziende internazionali e finlandesi, e in particolare, 12 sono italiane. Quando hai iniziato a collaborare con le aziende italiane? Cosa ti piace delle aziende italiane?
Ho iniziato a lavorare con aziende italiane nel 1997, con Cappellini. Tutte le aziende italiane con cui ho lavorato, sono molto diverse tra loro, sia per tipologia, sia per dimensioni. In comune, però, hanno entusiasmo, curiosità, passione per il design, le persone che le gestiscono amano il design e hanno buone conoscenze di base. Inoltre, spesso e sono aziende a conduzione familiari, e anche questa è una cosa che mi affascina molto. Lavorare con aziende italiane, per me è un sogno che si è realizzato, più che lavorare con aziende finlandesi. Comunque, ho lavorato anche con ottime aziende finlandesi, come Iittala, Vivero e Woodnotes.
Come mai la scelta di aprire uno studio a Milano? Come ti trovi in Italia? Che differenze ci sono tra Italia e Finlandia?
Sono venuto a vivere a Milano, per amore di una donna italiana, e mi piace molto vivere e lavorare in Italia. Le culture italiana e finlandese, in realtà, sono molto complementari: in Italia ho quello che non ho in Finlandia, e in Finlandia ho quello che non ho in Italia. Ci sono diverse differenze culturali tra i due Paesi, di cui alcune evidenti, come il fatto che uno sia mediterraneo, l’altro scandinavo. Poi, l’Italia è cattolica, la Finlandia è protestante. O ancora, uno mette al centro la singola persona, l’altro la famiglia. E tutto questo, rende le due culture complementari.
Quali aspetti del tuo design, e del design scandinavo in generale, piacciono al mercato italiano, a tuo parere?
Inizialmente, secondo me pensavano che fossi una donna, perché il mio nome in Italia potrebbe essere scambiato per un nome femminile. A parte questo, penso che Ikea abbia aperto la strada all’internazionalizzazione del design scandinavo, rendendolo così un mainstream, nel design internazionale. Personalmente, penso che il miglior design scandinavo sia quello di Jasper Morrison.
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L’emergenza sanitaria Covid-19
Pensi che la crisi causata dal Covid-19 avrà degli effetti sul lavoro dei designer o sui prodotti di design in generale?
Direttamente sul prodotto, non saprei. Però adesso stiamo studiando come realizzare il distanziamento fisico in ufficio, mantenendo la vicinanza sociale.
Hai delle proposte progettuali per la crisi?
Non credo che sia così semplice. Penso che tutti dovremmo prenderci un po’ di tempo per capire bene cosa sia la Covid-19 e quali saranno le conseguenze di questa emergenza sanitaria, che porterà a una grave crisi economica. Quando cominceremo a capire davvero cosa succederà, potremo progettare per il futuro post Covid-19.
Qual è secondo te il ruolo del design in questa crisi?
Non è semplice il nostro ruolo, ora. Vorrei che noi designer non sembrassimo ingenui, ma che diventassimo la vera forza trainante dell’innovazione e del cambiamento, in un “nuovo mondo”, dopo la Covid-19. [Txt Arianna Callocchia]