Al Supersalone 2021 un omaggio alla sedia, l’oggetto più iconico del design, in cui il made in Italy occupa uno spazio importante
La mostra Take Your Seat/Prendi posizione – Solitude and Conviviality of the Chair/Solitudine e convivialità della sedia, a cura di Nina Bassoli, in collaborazione con ADI – Compasso d’Oro, celebra la sedia, in quanto oggetto iconico, che sintetizza più di altri manufatti il valore di un buon progetto.
Divisa in quattro sezioni tematiche, con l’aggiunta di una sezione “extra” all’ADI Design Museum, in via Ceresio 7, la mostra illustra in che modo il design ha veicolato linguaggi e contenuti attraverso i grandi cambiamenti della società. Dai vari prodotti, inoltre, si evince come il design abbia dato risposte ai cambiamenti culturali, con nuove invenzioni. Obiettivo dell’allestimento, a cura di Alessandro Colombo e Perla Gianni, è comunicare il contesto storico in cui sono nati i diversi prodotti. Dagli anni Cinquanta, al Sessantotto, fino ai giorni nostri, ogni periodo ha dovuto affrontare diverse sfide. Oltre 130 sedie, tra premi e menzioni speciali al Compasso d’Oro, sintetizzano dunque lo stato dell’industria e del progetto di design, nel periodo storico in cui sono arrivate sul mercato.
Le sedie premiate alle prime due edizioni del Compasso d’Oro
Tra le prime sedie, in ordine cronologico, la Modello 683, progettata da Carlo De Carli, architetto e ricercatore, dal 1965 al 1968 Preside della Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, dove ha insegnato fino al 1986. Premiata con il Compasso d’Oro nel 1954, l’anno della prima edizione, la sedia prodotta dalla Ditta Figli A. Cassina, era realizzata con tecniche moderne (legno massiccio modellato e compensato stampato). Inoltre, la forma essenziale e la composizione strutturale la rendevano un “modello tipico”.
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Compasso d’Oro 1955 è la sedia Luisa, progettata da Franco Albini e prodotta dalla falegnameria Poggi. Tra le più famose sedie made in Italy degli anni Cinquanta, Luisa oggi è esposta sia al Museo del Design della Triennale di Milano, sia nella collezione permanente del MoMA, a New York. La giuria del Compasso d’Oro aveva ritenuto di premiare sia il disegno complessivo della sedia, sia il modo in cui affrontava la tecnica produttiva.
Superleggera, da Gio Ponti e Cassina, una delle prime sedie sostenibili
Non premiata con il Compasso d’Oro, ma citata come Menzione d’Onore, la sedia Superleggera, di Gio Ponti per Cassina, può essere considerata uno dei primi esempi di sedia sostenibile. Lo sviluppo del prodotto ha richiesto circa 10 anni – dal 1949 al 1957 -, anni in cui Gio Ponti ha messo a punto la struttura, caratterizzata dalla sezione triangolare delle gambe. La struttura così progettata permetteva di impiegare il minimo materiale possibile, per creare una sedia così leggera che si reggeva con un solo dito. L’impiego di pochissimo materiale, il peso minimo, sono principi della sostenibilità, che si aggiungono al fatto che la sedia è in legno e paglia. Il suo successo è testimoniato dal fatto che è ancora in produzione dopo 65 anni.
Le sedie per l’industria scolastica e il Compasso d’Oro
Anche l’edilizia scolastica è un settore che ha consentito di sperimentare innovazione tecnologica e design. Nel 1959, con la necessità di costruire 125 mila nuove scuole, la Triennale bandì un concorso per gli arredi. I fratelli Castiglioni, con Luigi Caccia Dominioni, progettarono diversi prototipi di banchi e sedie per scuola. Nello stesso anno, la sedia T12, realizzata da Palini, vinse il Compasso d’Oro. Tra le caratteristiche che la rendevano interessante, struttura, materiali, e tecnica produttiva.
Il design e l’innovazione della plastica
Ancora arredamento per le scuole, ma stavolta di plastica. La seggiolina K 1340 (poi K 4999), un progetto di Marco Zanuso e Richard Sapper per Kartell, fu premiata con il Compasso d’Oro 1964, per le caratteristiche di innovazione industriale. Realizzata in polietilene, la seggiolina era la prima interamente in plastica, destinata alle scuole. Oltre ad essere leggera, facilmente combinabile e smontabile, facile da pulire, al tempo stesso era resistente, ed esprimeva perfettamente i requisiti di un materiale ancora poco utilizzato, per le produzioni su larga scala.
Nell’immagine in evidenza, Nina Bassoli, foto Aziza Vasco