Omer Arbel: luce e architettura, tecnologia e nuovi materiali
Omer Arbel, canadese, è architetto, designer, artista, imprenditore. Una personalità poliedrica, che ha condotto a diverse attività, alcune di grande successo internazionale. Nel 2005 ha fondato, come art director, Bocci, un brand di illuminazione, che in brevissimo tempo si è ritagliato un posto al sole nel panorama internazionale del design della luce. A fianco di Bocci, Arbel ha coltivato la sua passione per l’architettura, con lo stesso spirito innovativo e di ricerca che caratterizza i prodotti di design.
Con Bocci, Omer Arbel ha creato un’impresa che, nel tempo, si è specializzata nella realizzazione di luci con materiali e processi innovativi; grazie alla tecnologia avanzata, le lampade Bocci sono al tempo stesso innovative e poetiche, e consentono di creare paesaggi incantati negli interni che arredano.
Materiali innovativi e ricerca creano prodotti di nuova concezione
Spiega Omer Arbel: “Quando lavoriamo a un processo produttivo, le considerazioni tecnologiche e pratiche si sovrappongono a quella che definiamo la scoperta di un materiale. A volte, durante un esperimento, accade qualcosa di imprevisto, difficile da esprimere a parole, e ci innamoriamo del risultato. Dopo di che, applichiamo la pratica professionale per approfondire lo sviluppo di qualsiasi qualità trascendente che possa essere emersa, e realizziamo dunque una cosa reale, che può funzionare davvero, applicata a un prodotto.”
I risultati di questa filosofia sono le collezioni Bocci, creazioni in vetro con un elevato grado di innovazione, e un’estetica sempre sorprendente. Protagonista di queste collezioni è il vetro, soffiato, lavorato, manipolato, per avere un aspetto che varia profondamente, a seconda della lavorazione.
Leggi l’intervista a Daan Roosegaarde
Le collezioni Bocci
La collezione 73, per esempio, risulta dalla soffiatura di vetro liquido in un recipiente di tessuto ceramico, piegato e altamente resistente al calore. La forma che deriva sembra riprodurre un volume in tessuto, che diventa rigido quando si raffredda. Il volume contiene una lampada allo xeno o un LED, che diffonde la luce e rende evidenti le pieghe del vetro. Il prodotto definitivo è una lampada dalla forma tondeggiante schiacciata al centro, che vive bene sia da sola sia in gruppi di sospensioni, o come lampada da terra.
Anche la collezione 28 si ottiene con un innovativo processo di fabbricazione, che manipola sia la temperatura, sia la direzione del flusso d’aria nel vetro soffiato. Il risultato è una sfera leggermente distorta con un paesaggio interno di forme satelliti, tra cui un diffusore in vetro opaco lattiginoso, che ospita una lampada allo xeno a bassa tensione o a LED.
Sostenibilità è fare prodotti che durano nel tempo
Decisamente fuori dall’ordinario la collezione 87, con un processo di fabbricazione che impiega acqua gassata. L’acqua gassata si usa per intrappolare l’aria in una matrice di vetro super riscaldata, che viene allungata verticalmente e ripiegata su se stessa diverse volte. Quando il vetro si raffredda, il movimento di piegatura lungo la grana dell’anello trasforma l’aria intrappolata in microfilamenti che danno al pezzo una qualità ottica perlescente. Una fonte di luce a bassa tensione allo xeno o a LED viene introdotta a un’estremità dell’anello e proietta la luce attraverso i microfilamenti, diffondendo una luce delicata. Una serie di lampade della collezione 87 in successione, crea un ambiente incantato, abitato da piccoli fantasmi.
“Il vetro ha molti lati positivi, continua Arbel. La sostenibilità è scontata, ovviamente; il vetro è un materiale sostenibile, naturale, e cerchiamo di utilizzare materiali sostenibili per tutte le parti dei nostri prodotti, così come cerchiamo di usare sempre energia da fonti sostenibili. Ma la vera sostenibilità dei nostri prodotti è nella loro durata. Noi facciamo prodotti che durano nel tempo, e possono essere riparati; puntiamo a creare opere che non saranno mai buttate, ma potranno essere restaurate, e acquisteranno valore nel tempo. Questo significa produrre meno; questa, per me, è sostenibilità autentica, produrre meno ma meglio.”
L’architettura è un compagno di stanza
Omer Arbel è designer, artista e architetto. E ci tiene a specificare “…Non ci sono attività che preferisco, e non mi sento più designer o più architetto, o più artista. Applico la mia creatività a un complesso di arti applicate, e questa creatività a volte dà corpo a un prodotto di design, a volte a un’opera d’arte, a volte a un’opera di architettura. Mi piace pensare all’architettura come a una cosa “viva”: trovo interessante l’idea di vivere insieme in un ambiente popolato anche da qualche elemento strano, un po’ inquietante, non esattamente definito.”
Un discorso che appare subito chiaro se si guarda alla casa 75.9, premiata al World Architecture Festival 2019 nella categoria “Future Projects”. In questo progetto, Omer Arbel usa il cemento armato come un elemento strutturale e decorativo al tempo stesso, creando così un’estetica di leggerezza e solidità al tempo stesso. Le colonne, ispirate alle magnolie, nella parte superiore ospiteranno autentiche magnolie, coronando così la fusione tra artificiale e naturale.
Architettura e sostenibilità
La ricerca di materiali e processi di costruzione sostenibili caratterizza tutta l’architettura di Omer Arbel. Non solo: nelle sue architetture, in genere in luoghi impervi, la natura gioca un ruolo di primo piano, diventando la vera protagonista degli spazi.
La casa 23.2, del 2010, per esempio, è un’abitazione per una famiglia costruita su una superficie rurale a forma di clessidra, delimitata da due boschi, che formano due distinte “stanze esterne”. Il punto di partenza del progetto era un deposito di travi di abete vecchie di un secolo, recuperate dalle foreste locali della British Columbia. Le travi, fresate da un singolo albero, erano di diverse lunghezze e dimensioni della sezione trasversale – alcune lunghe fino a 20 metri, altre profonde fino a 1 metro.
La casa 91, invece, è un ponte sospeso tra due creste rocciose naturali, che si estende su un canale di felci sommerso. Un sentiero in mezzo al bosco conduce a un ingresso, incastonato nel volume della casa, discretamente celato. Il viaggio attraverso la casa continua con la sensazione di passare in mezzo alle chiome degli alberi, sospesi nel vuoto, e termina con l’arrivo sulla terraferma di nuovo, su una spiaggia che affaccia sull’Oceano Pacifico. La pianta prevede un’ala principale, ad uso dei proprietari, e un’ala laterale aggiuntiva, che viene utilizzata solo da eventuali ospiti.
Architettura sostenibile con gli scarti della lavorazione del legno
L’integrazione tra costruzione e natura è la protagonista assoluta della casa 94.2, la prima di una serie di sedici residenze in cima a una scogliera, sulla costa settentrionale dell’Oceano Pacifico. Il progetto prevede l’uso degli scarti dell’industria locale del legname; nello specifico, si esegue la burattatura di ritagli di radica di cedro, per creare moduli a forma di masso, di dimensioni comprese tra 150 e 350 mm. Questi massi di legno sono impacchettati in grandi cesti e usati come forme vuote dentro cui viene gettato il calcestruzzo, creando le stanze e i lucernari della residenza.
Le pareti interne conservano l’impressione della forma, al negativo. Una volta indurito il calcestruzzo, i massi di legno pietrificati sono montati su distanziatori di metallo sulla facciata ovest, creando così un involucro simile a una nuvola. Nel tempo, su questa “pelle di legno” sospesa, cresceranno muschi e licheni, creando uno schermo “vivo”, che cambierà nel tempo. Per contrasto, la facciata est della casa è coperta dal bosco, che cresce e si sviluppa oltre l’altezza del tetto. Il risultato finale, sarà la sensazione di entrare in una caverna, che invece sbuca sul bordo della scogliera.
L’arte come veicolo di sperimentazione
Ma come nascono questi materiali e questi processi innovativi? “Non ci sono schemi prefissati; si comincia con l’esplorare le proprietà di un materiale, e si lascia che le forme fluiscano liberamente. In questo modo, si possono ottenere risultati come quelli ottenuti con il vetro. Ora, sono molto ispirato da altri materiali, e da altre tecniche. In questo senso vanno le sperimentazioni sulle leghe di rame e vetro, che danno corpo a oggetti dalle forme variabili.”
Nella collezione 113 di oggetti a forma libera, una lega liquida di rame viene versata dentro una forma di vetro soffiato. Quando vengono a contatto, il vetro si frantuma, e il risultato finale è una superficie iridescente sul lato in vetro, ossidata grossolanamente sul lato interno. 64, invece, è una serie di candele ottenute con un processo complicato che coinvolge ghiaccio e cera d’api fusa. Una candela in una delicatissima filigrana di cera viene in un cubo protettivo di ghiaccio, che si scioglie quando la candela raggiunge la destinazione finale. L’atto di bruciare la candela diventa così una parte del suo processo di fabbricazione e distruzione.
L’intensa attività di Omer Arbel si adegua anche ai tempi moderni, con la collezione 64 NFT, il naturale completamento della collezione 64. “L’NFT sembra essere la soluzione ideale per superare i vincoli fisici della collezione 64. Essendo estremamente complicati sia la fabbricazione, sia il trasporto, l’idea di venderlo come esperienza digitale è un modo per offrire sia il lavoro, sia l’idea concettuale”, conclude Omer Arbel.