Il capolavoro di Emilio Ambasz celebra nel 2025 il suo 50° anniversario: un’opera pionieristica che unisce architettura, paesaggio e introspezione, anticipando i temi della sostenibilità e la ricerca di una “dimora spirituale”
Nel 2025 ricorre il 50° anniversario della Casa de Retiro Espiritual a Siviglia, uno dei progetti più iconici di Emilio Ambasz. Considerata una delle visioni architettoniche più celebrate al mondo, questa casa è, nelle parole dello stesso Ambasz,“non un edificio, ma un pensiero”. Un luogo in cui “il silenzio ha un’architettura e il paesaggio una voce”, capace di riportare l’idea di casa alla sua dimensione primordiale.
Progettata nel 1975, l’opera nasce dalla mente di un giovane architetto argentino, già allora figura di riferimento nel dibattito internazionale. Ambasz, laureato alla Princeton University in tempi record, tre anni prima aveva conquistato l’attenzione globale curando al MoMA di New York la storica mostra Italy: the new domestic landscape, che portò il design italiano sotto i riflettori internazionali.

Una visione radicale nell’architettura degli anni Settanta
Il progetto ha ottenuto sin da subito il prestigioso Progressive Architecture Award, riconoscimento che sancì la sua forza innovativa. Lontano dalle distopie di gruppi come Superstudio o Archizoom, Ambasz immagina una casa che cerca redenzione nella terra, fondendo monumentalità e intimità.
La Casa de Retiro Espiritual si configurerà immediatamente come manifesto e opera compiuta: enigmatica, simbolica, quasi iniziatica. Un progetto che molti hanno definito una “Stele di Rosetta” capace di decifrare la poetica di Ambasz e il suo approccio alla relazione tra architettura e territorio.

Un’estetica sospesa tra mito e paesaggio
L’esterno è dominato da due gigantesche pareti bianche che si incontrano ad angolo retto. La costruzione non ha una copertura: al suo posto, un belvedere sospeso si apre sui 600 ettari verdi della Sierra Morena .
Le pareti, aperte come un libro, sono percorse da scale gemelle che sembrano sfiorare il vuoto. Lungo il loro profilo serpentina scorre un corrimano-canale, che accompagna l’acqua dalla sorgente superiore fino al patio ipogeo. L’architettura scompare nella terra: gli ambienti principali si affacciano su un cortile protetto, illuminato da lucernari che modulano la luce naturale con effetti mutevoli.
Una casa “con muri senza un dentro”, come molti critici hanno osservato, dove gli spazi sembrano oscillare tra presenza e assenza, materia e immaginazione.

Una pionieristica architettura della sostenibilità
Per Barry Bergdoll, Meyer Schapiro Professore di Storia dell’Arte e Archeologia alla Columbia University, la casa rappresenta una delle prime intuizioni sull’uso della vegetazione e della terra come strategia di isolamento. Una visione oggi considerata fondamentale nel discorso sulla sostenibilità, ma assolutamente in anticipo sui tempi.
Ambasz stratifica l’edificio nel terreno attraverso incisioni e terrapieni che uniscono rigore tecnico e poesia del paesaggio: un modo di costruire che risponde al clima del sud della Spagna e allo stesso tempo alla volontà di creare un rifugio spirituale.

Una casa-rito, oltre lo spazio e la funzione
La Casa de Retiro Espiritual lavora sui margini: tra costruito e natura, tra visibile e interiore, tra materia e mito. Un’opera che non si limita a definire uno spazio abitabile, ma propone l’architettura come rito, come forma capace di raccogliere emozioni e universalità.
Per Ambasz, ogni progetto è un insieme di rituali, una ricerca di una “dimora dell’anima”.
“Un architetto può essere il guardiano del deserto delle città create dall’uomo, o il mago che crea forme eterne ”, afferma. E aggiunge: “Se un’opera architettonica non tocca il cuore, è solo un altro edificio ”.





