#Designgoeson: Designdiffusion.com ha parlato con Alessandro Saviola, Presidente del Gruppo Saviola, di emergenza sanitaria ed economia circolare
Il Gruppo Saviola e l’emergenza sanitaria: come avete gestito questo periodo?
Alessandro Saviola: “L’emergenza sanitaria Covid-19 è stata un evento inaspettato che ha colto tutti in contropiede. Il fattore tempo è determinante in questo tipo di situazione, e il Gruppo Saviola ha cercato di agire rapidamente per bilanciare le esigenze di organizzazione interna, sia quelle relative agli aspetti sanitari e di tutela del personale, sia per garantire il funzionamento generale delle attività. Il contatto con i nostri clienti non è mai mancato perché, anche in una situazione difficilissima, come quella che ha coinvolto tutti noi, sentiamo forte la responsabilità verso il territorio, e verso coloro che ci danno fiducia ogni giorno scegliendo i nostri prodotti. In questo contesto, devo dire che anche la collaborazione tra imprese non è mai venuta meno. Il nostro Paese è caratterizzato dalla forza delle nostre imprese e da grande serietà e competenza, che diventano necessarie, in un momento come questo.
Avete implementato lo smart working? Pensate per il futuro di continuare il lavoro agile o il telelavoro, per le mansioni che lo consentono?
Lo smart working, modalità di lavoro agile di cui si parla anche da prima dell’emergenza, è stata la prima iniziativa messa in atto, insieme alla distribuzione a tutti i dipendenti dei dispositivi di protezione personale, necessari per difendersi dal virus. Da questo punto di vista, l’introduzione dello smart working è stata un’opportunità per verificare se l’organizzazione avrebbe retto anche in questa situazione straordinaria. È stata una scommessa, perché in tempo normale mai ci saremmo immaginati di poterci trovare davanti a un distanziamento tra i vari uffici così obbligato (abbiamo collaboratori e collaboratrici che arrivano da tutta Italia). Ha aiutato molto il fatto che un gruppo industriale come il nostro sia già abituato a lavorare in sinergia.
Abbiamo 13 stabilimenti tra Italia ed estero, e in un certo senso il personale ha una certa esperienza con il lavoro trasversale e in team, confrontandosi tra i vari impianti. La tecnologia ha avuto un ruolo di grande rilievo, nel facilitare le relazioni, e al tempo stesso ci siamo abituati a un modo differente di pensare al lavoro, non solo come luogo fisico, ma come idea, concetto e progettualità. Io credo che per il futuro si potrà pensare, per alcuni progetti particolari, di implementare qualche modalità di lavoro agile. Ricordiamoci comunque che le persone hanno anche bisogno di relazioni e di contatti… Il nostro gruppo è una grande comunità, che deriva anche da una gestione “familiare” dell’azienda. Per quanto la cultura digitale ci stia agevolando in questa fase, nulla potrà mai sostituire fino in fondo il nostro personale bisogno di socialità. Il lavoro in sede aiuta tantissimo questa speciale relazione, perché stimola il confronto.
Quali pensate che saranno le conseguenze dell’emergenza, sull’economia mondiale?
L’impatto sarà sicuramente forte. Lo dicono le statistiche e le previsioni, e molto dipenderà anche dalle scelte che si faranno in ambito nazionale, europeo e internazionale. Il contesto italiano è denso di imprese che sono la spina dorsale della nostra società; la capacità di scommettere sul futuro e di inventare il mondo che verrà è tutta in mano nostra. L’Italia ha dalla sua la forza di un brand, il “made in Italy”, che la fa grande in tutti i settori, soprattutto nel design e nell’arredamento, ma anche una creatività e una propensione all’adattamento del tutto particolare. Non dobbiamo rinunciare alla sfida di pensare a un futuro che non è fatto di distanze, ma di collaborazione. La pandemia ci porta a riflettere su ciò che vogliamo e ci interessa, su quali siano i modelli economici che funzionano, e quali siano invece da ripensare.
In questo contesto, il tema etico ritorna prepotentemente al centro della scena. Un mondo più responsabile, più consapevole, più sostenibile è possibile, e dobbiamo concentrare sempre di più i nostri sforzi verso un sistema di produzione rigenerativo. Il Gruppo Saviola, grazie all’idea rivoluzionaria di mio padre, che negli anni ’90 si inventò un modo diverso di produrre e creare basato sull’economia circolare, utilizza solo legno post consumo: siamo un’azienda 100% recycled wood. Il nostro processo di upcycling si basa sui valori che mettono al centro ecologia e sostenibilità, e i numeri ci stanno dando ragione.
Che impatto pensate che avrà sull’export made in Italy, questo fermo forzato così lungo?
Nella fase di lockdown paradossalmente il contatto con l’estero, che in alcune zone ha dovuto subire misure meno restrittive rispetto a quanto avvenuto in Italia, ha retto di più rispetto al mercato interno. Mi aspetto che con la “fase 2” riprenderanno necessariamente a prendere piede anche le filiere più corte e peserà molto il rapporto con il territorio. Certamente anche il clima collaborativo ci potrebbe aiutare per mettere in connessione le competenze. Sono comunque sicuro che non verrà meno il respiro internazionale delle grandi aziende, soprattutto per la nostra, che si basa per il 40% sull’export.
Leggi le interviste agli altri protagonisti del design italiano:
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Alberto Lualdi: la comunicazione on line per il rilancio
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Paolo Castelli: salvare la filiera e ripensare il Salone del Mobile
Fabiana Scavolini e il made in Italy
Marco Piva e la Cina che riparte
Stefano Gavazzi, Concreta: il settore dell’ospitalità prosegue, nonostante tutto
Angelo Meroni, Lema: il futuro del Made in Italy
Quali strumenti avete messo in campo per superare questo periodo di difficoltà?
La persona al centro è il modello più rispondente in una situazione normale, figuriamoci in una situazione così complicata. Abbiamo cercato di attivare protocolli per rallentare la produzione, mettere in sicurezza i dipendenti senza compromettere la ripartenza. Ci siamo anche dedicati al territorio attraverso donazioni per far fronte alle esigenze della nostra comunità di cui facciamo parte.
Pensate che sia possibile, per le aziende italiane, fare a meno del Salone del Mobile e del Fuorisalone?
Il Fuorisalone è sempre stato per noi un evento importante, in cui ci siamo presentati con idee nuove e presentazioni delle ultime tendenze. Abbiamo cercato in questi anni modalità di comunicazione e marketing creative e in linea con il momento. Rimandare l’evento è stata una scelta saggia e non ci sarebbero state alternative in questo particolare frangente. Il Fuorisalone è un evento simbolo per Milano e per l’Italia che ha attirato milioni di persone da tutto il mondo. Quando tornerà, tornerà grande.
Quali strumenti pensate di mettere in campo, per sostituire le fiere e gli eventi che non si terranno quest’anno?
Creatività e innovazione, ecologia e design sono i pilastri su cui si fonda l’attività del Gruppo Saviola. Anche la comunicazione che sta sempre di più cambiando sarà improntata su questi valori. Le piattaforme virtuali ci aiuteranno in questi percorsi che ci vedranno sempre più social e digital.
Come pensate di rimodulare la comunicazione, verso i clienti e verso il pubblico specializzato?
La comunicazione è fondamentale nella misura in cui è in grado di leggere la realtà e conoscere il momento, interpretandolo. Ad aprile abbiamo attivato un’iniziativa di comunicazione legata alla storia di grandi alberi, che invita tutti noi a prendere esempio dalla capacità di rigenerazione e di resilienza di piante monumentali, che hanno resistito negli anni a tempeste e calamità, e sono ancora oggi lì, a dimostrarci che si può resistere alle difficoltà ed essere più forti. Abbiamo bisogno di questi messaggi positivi. L’altro messaggio è che è arrivato il momento di fare un salto in avanti, come ci invitano a fare le generazioni più giovani. Prenderci cura dell’ambiente in cui viviamo scegliendo prodotti “belli e giusti” per la casa, l’ufficio, il negozio…
È possibile che i cambiamenti nei comportamenti richiesti dall’emergenza diventino in qualche modo permanenti, almeno in parte?
Mi auguro di no, se intende i comportamenti legati all’ormai famoso “distanziamento sociale”. In questo momento per proteggerci abbiamo bisogno della distanza che è la nostra barriera per difenderci dal virus, ma ci rendiamo conto di quanto la socialità ci manchi. Finché non si troveranno alternative, penso a cure e vaccini, dovremo reinventare il nostro stare insieme… Se c’è un’eredità che porteremo in dote per il futuro, penso alla visione sostenibile e di responsabilità comune che quest’esperienza ci ha insegnato. Una situazione che ci ha fatto capire concretamente quanto la realtà virtuale non ci basti e ha costretto la nostra società a una “dipendenza positiva” gli uni rispetto agli altri. Ciò che io scelgo di fare impatta sulla tua vita e viceversa… Anche nel modo di fare impresa siamo tutti in un certo senso collegati. Se io produco in maniera sostenibile perché tutelo il nostro patrimonio forestale ed evito l’abbattimento di 10 mila alberi al giorno è un fatto. Si può sempre scegliere.
Potrebbero esservi cambiamenti anche nella produzione dei materiali?
Il settore ricerca e sviluppo è sempre molto attivo all’interno del Gruppo Saviola e lavora sempre per trovare le soluzioni più innovative e performanti (una curiosità che non riguarda il settore legno è che Sadepan, la Business Unit impegnata nel settore della produzione di colle e resine sta realizzando anche un gel antibatterico che cercheremo di mettere a disposizione del nostro territorio dove questo prodotto scarseggia…). C’è anche un confronto proficuo con le università, che tanto si stanno impegnando sul tema dell’economia circolare. Così come i nostri designer e i responsabili della creatività dei decorativi (abbiamo un design centre a Francoforte). Questo senza snaturare il nostro DNA, che mette la sostenibilità e l’ecologia al primo posto.”
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