La Petite Maison: le opinioni degli architetti

Dopo il webinar, “La Petite Maison di Aldo Cibic per PhilippSelva”, abbiamo raccolto alcune opinioni da diversi architetti sul tema della casa piccola

Negli ultimi anni, gli appartamenti delle aree urbane tendono ad essere sempre più piccoli, principalmente per il costo delle superfici abitative nelle grandi città. È un trend consolidato, che verosimilmente non cambierà, almeno per un certo periodo di tempo. Sulla scia di questa tendenza, spazi e arredamenti si adeguano, per adattarsi a nuove abitudini di vita. Nel webinar, organizzato da DDN, Aldo Cibic e Philipp Selva hanno parlato di diverse esperienze urbane, dove l’appartamento piccolo è ormai uno standard consolidato.

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Alcuni architetti ci hanno inviato le loro opinioni, e ne è nata una discussione molto interessante, sul futuro delle piccole case.

Mario Gerli, architetto

Gli spazi minimi sono la nuova frontiera del progetto, e offrono molte possibilità di sperimentare. La mia prima esperienza di progetto per uno spazio minimo era uno chalet di montagna, dove avevo ricavato tutto il necessario per vivere in soli 21 metri quadrati.

Invece, in tempi più recenti, sono riuscito a usare uno spazio di 10 mq, nel retro di un negozio a Milano. Qui, in 10 mq, ho ricavato uno spazio per lo studio, con una scrivania, un piccolo armadio, un piccolo bagno, un angolo cottura, e un soppalco, per dormire in caso di necessità. Nonostante lo spazio sia molto piccolo, gode di sufficiente aerazione, grazie alla presenza di una finestra, ed è anche provvisto di riscaldamento e condizionamento.

La sfida è interessante, però in Italia abbiamo regolamenti edilizi piuttosto severi, che non consentono di vivere in spazi troppo ristretti, ma sono d’accordo che, per il futuro, sarà necessario progettare per vivere in spazi sempre più contenuti, perlomeno nelle città.

La Petite Maison, di Aldo Cibic per PhilippSelva

Dalila Alili, consulente

Cosa significa Petite Maison? È davvero il futuro dell’abitazione? I concetti espressi nel webinar mi hanno portato a riflettere sul bisogno, una condizione che vedo crescere continuamente, in particolare in Algeria e in Marocco. A mio parere, la filosofia Petite Maison corrisponde al bisogno di vivere con lo stretto necessario in modo armonioso, funzionale ed esteticamente accogliente. Un’esigenza che diventerà sempre più diffusa in futuro, accanto alla richiesta sempre maggiore di eco-sostenibilità, nella moda e nel design, una richiesta che si concretizza nell’utilizzo di nuovi materiali, sempre più eco-compatibili.

Sarà compito dell’architetto, in futuro, progettare per soddisfare i bisogni dell’acquirente medio della prima casa. Ma non sarà da meno la capacità di progettare nel settore dell’edilizia temporanea, come alberghi, bed & breakfast, residence, offrendo servizi di qualità elevata in una fascia media di mercato.

La Petite Maison, di Aldo Cibic per PhilippSelva

Stefano Taglialatela, architetto

Nel corso del webinar dedicato alla Petite Maison, Aldo Cibic ha parlato di nuovi modi di vivere la città, in cui un piccolo appartamento estende le sue funzioni all’esterno, integrandosi allo spazio urbano. Questo è in parte vero, tuttavia l’emergenza sanitaria che abbiamo vissuto nella prima parte dell’anno, e che ci ha costretto a rinchiuderci in casa, ci porta necessariamente a ripensare il nostro modello abitativo. Infatti, sebbene sia corretto estendere alla città le funzioni dell’abitazione, deve avvenire anche l’inverso, ovvero la città deve entrare nella nostra casa, e non semplicemente portando un cavo internet per la domotica.

Ciò che dobbiamo davvero cambiare è il progetto degli interni, che sono diventati sempre più poveri di contenuti, e sempre più uguali e ripetitivi, come i nostri modi di vivere.  Dovremmo riuscire a portare all’interno delle nostre case la spazialità dei nostri centri storici, con il loro carico di imprevedibilità. Gli spazi delle nostre case dovrebbero essere così, con percorsi e percezioni sempre diversi, con funzioni interagiscono tra loro, e cuciti in modo sartoriale sulle esigenze e sui modi di vita del fruitore. In questo modo, il progetto potrebbe aiutare a migliorare la qualità della vita, grazie alla qualità dell’architettura.

La Petite Maison, di Aldo Cibic per PhilippSelva

Erica Castagno, architetto

Dopo un periodo difficile che ci ha costretto a stare chiusa in casa, per l’emergenza sanitaria, potrebbe apparire azzardato parlare di rivalutazione degli spazi piccoli. È abbastanza naturale che dopo aver passato mesi chiusi in una casa, molte persone desiderino una casa più grande, con terrazzo o giardino. Dall’altro lato, l’essere umano sa essere resiliente, e altrettante persone considereranno questo evento come una parentesi, che non cambierà il loro modo di intendere la casa e non inciderà sul loro modo di vivere.

È dunque probabile che gli alloggi piccoli saranno sempre più richiesti, in quanto la società e la famiglia sono cambiate. In generale, la gente si sente giovane più lungo; poi, sono sempre di più le coppie che scelgono di non avere figli, o anche le persone che preferiscono vivere da sole, o ancora, i genitori single con un figlio solo… Si tratta di nuclei familiari piccoli, che non hanno bisogno di spazi grandi, anzi, preferiscono vivere in spazi più contenuti. Gli architetti dovranno dunque imparare a progettare spazi piccoli ricchi di funzioni, carattere e bellezza. Come ha sottolineato anche Aldo Cibic durante il webinar, non è necessario che uno spazio sia grande, per essere ricco, anche gli spazi piccoli possono essere ricchi e belli, la sfida per gli architetti del futuro è lavorare su questo.

La Petite Maison, di Aldo Cibic per PhilippSelva

Paolo Bulletti, architetto

Il tema della casa piccola è molto interessante, ma come prima cosa vorrei sottolineare che, per me personalmente, una casa piccola non è una casa. Penso che ci sia una differenza sostanziale tra casa e appartamento, o meglio tra appartamento e monolocale, perché naturalmente c’è molta differenza tra un appartamento da 32 mq e uno da 60 mq. L’appartamento piccolo o meglio, il monolocale, sono tipici di un certo modo di vivere, tipicamente metropolitano, che ricorda un po’ una stanza d’albergo.

Una casa non è solo i quattro muri che circondano, una casa è la somma di emozioni vissute ogni giorno. Emozioni che si concretizzano in oggetti, ricordi, che trovano posto sui mobili, e nell’ambiente introno a noi. Se non possiamo raccogliere questi oggetti e vederli tutti i giorni attorno a noi, la casa diventa una camera di albergo, dove si arriva la sera, si dorme, e si esce al mattino. Ma questa non è proprio una casa, questo è un luogo, più o meno confortevole, in cui si tengono i vestiti, ci si riposa e ci si prepara per uscire. Quello che manca da questo modo di vivere è la creazione della propria identità, attraverso la memoria della vita vissuta. Ultimo, ma non da ultimo, la convivenza in spazi piccoli mette a dura prova la vita di una coppia, che può incontrare molte difficoltà nella gestione della vita quotidiana in spazi molto piccoli.

Poi, naturalmente, bisogna fare i conti con la realtà. Una realtà in cui gli spazi in città scarseggiano e costano molto, dunque spesso è necessario adattarsi a vivere in ambienti piccoli. Qui, il design può essere di molto aiuto, per donare bellezza e ricchezza agli spazi piccoli. Così, anche un piccolo appartamento può diventare un luogo gradevole. Tuttavia, rimane sempre una differenza fondamentale tra una casa come “luogo della memoria” e un piccolo appartamento, in cui si svolgono le funzioni essenziali della vita.

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