Enzo Mari: in italiano, design si dice progetto

È abbastanza difficile parlare di Enzo Mari, che è mancato qualche giorno fa, a 88 anni. È difficile perché era un designer, e questo è innegabile. Ha progettato prodotti di grande successo, e anche questo è innegabile. Suo malgrado, si potrebbe dire. Mari infatti ha sempre sostenuto che un designer dovesse avere un ruolo politico, e che non dovesse limitarsi a disegnare merci.

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Enzo Mari, foto di Ramak Fazel, courtesy Triennale di Milano

Nella sua lunghissima carriera, Enzo Mari ha progettato oltre 1.500 oggetti e manufatti vari, molti dei quali sono entrati nell’uso comune. Probabilmente come lui avrebbe voluto, e come è giusto che sia: non esibiti nel posto sbagliato, ma semplicemente usati per la funzione per cui erano stati pensati. Che alla fine dovrebbe essere l’obiettivo del design.

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Sedia Sof Sof, di Enzo Mari per Driade, 1972

Dall’Autoprogettazione alla sedia d’autore smontabile in kit

Parlare di Enzo Mari elencando i prodotti che ha disegnato, suona quindi davvero riduttivo. Nato in provincia di Novara, era milanese di adozione, e ha condiviso con Milano tutti i passaggi della storia contemporanea, dall’autunno caldo, alla crisi petrolifera, agli anni bui del terrorismo, al “riflusso” degli anni Ottanta. Periodi che si riflettono nei suoi progetti, come designer e come artista. Nel 1974, per esempio, con la mostra “Proposta per un’autoprogettazione”, alla Galleria Milano, Mari cercava di costruire qualcosa di alternativo al “sistema delle boutique di design”, come già chiamava il sistema design con la filiera design-produzione-vendita in negozio esclusivo.

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I pezzi del catalogo “Proposta per un’Auroprogettazione”, Enzo Mari, mostra alla Galleria Milano, 1974

Il catalogo dell’autoprogettazione conteneva pochi pezzi semplici di arredamento, che chiunque poteva costruirsi a casa, usando legno, martello e chiodi. Il disegno era volutamente semplicissimo, in modo che anche se il taglio delle assi non era precisissimo, il mobile si assemblava lo stesso. Nel volume pubblicato da Edizioni Corraini nel 2002, Autoprogettazione?, erano incluse diverse lettere di persone che si erano costruite i mobili seguendo le istruzioni del catalogo “Proposta per un’autoprogettazione”, tutte estremamente soddisfatte per il risultato e per il rapporto qualità/prezzo. Nel 2012, Artek ha editato la sedia N° 1, tratta dal catalogo Autoprogettazione.

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Sedia N 1, dal catalogo “Proposta per un’autoprogettazione”, editata da Artek nel 2012

Agli inizi degli anni Settanta, Enzo Mari aveva progettato per Driade la sedia Box, una sedia smontabile in soli 8 pezzi, venduta in una scatola e trasportabile in un sacchetto, solleticando così di nuovo la vena progettuale che è in ciascuno di noi. Perché fin dall’inizio degli anni Settanta Mari aveva sempre pensato che tutti potessero e dovessero progettare. Diceva infatti, che se la parola italiana per design era progetto, un motivo ci doveva essere. La sedia Box è stata in seguito rieditata nel 1996.

La sedia Box, progettata da Enzo Mari per Driade nel 1971, e rieditata in seguito, vendibile in un kit di otto pezzi

Gli oggetti di Enzo Mari entravano nella storia, ancora prima che nei negozi

Tra la miriade di oggetti da lui progettati, alcuni sono entrati nella quotidianità, e probabilmente moltissime persone hanno usato oggetti progettati da Enzo Mari senza saperlo. Dai 16 Animali di Danese, alla sedia Tonietta di Zanotta, alle sedie Sof Sof o Delfina di Driade, ai calendari progettati per Danese, compagni di tutti gli uffici dagli anni Sessanta.

I calendari Formosa (sopra) e Timor (sotto), di Enzo Mari per Danese

Con lo spirito che l’ha sempre contraddistinto, Enzo Mari se n’è andato due giorni dopo l’inaugurazione di una grande retrospettiva alla Triennale di Milano, che sarà visitabile fino al 18 aprile 2021. La mostra, a cura di Hans Ulrich Olbrist con Francesca Giacomelli, documenta il lavoro del progettista attraverso progetti, modelli, disegni e materiali spesso inediti, provenienti dall’Archivio Mari, recentemente donato al CASVA – Centro di Alti Studi sulle Arti Visive del Comune di Milano.

L’ingresso della mostra dedicata a Enzo Mari, alla Triennale di Milano, foto Gianluca Di Ioia, courtesy Triennale

Enzo Mari, una storia di oggetti

Mari manifestava disprezzo per la mercificazione degli oggetti – e in alcuni casi le sue ragioni avevano senz’altro un fondamento – perché riteneva che gli oggetti dovessero essere prima di tutto progetti. Progetti, appunto, oggetti che avevano un scopo, non “imitazioni, eseguite senza capire”.  In diverse interviste, lui dichiarava che un oggetto aveva la stessa forza espressiva di un’opera d’arte, e che doveva parlare con la sua essenza. Dev’esserci riuscito, se alcuni dei suoi progetti hanno davvero migliorato la vita quotidiana di milioni di persone, e sono stati premiati con cinque Compassi d’Oro. E scusate se è poco.

Sedia Tonietta, di Enzo Mari per Zanotta

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