Marco Sammicheli, Direttore del Museo del Design Italiano di Triennale Milano, parla della mostra “La tradizione del nuovo”, alla 23esima Triennale di Milano, prorogata all’8 gennaio 2023
“La tradizione del nuovo” è il titolo del Padiglione Italia alla 23esima Triennale di Milano, ed è una mostra dedicata al design italiano e alla sua lunga tradizione di sperimentazione. Abbiamo parlato con il curatore Marco Sammicheli, Direttore del Museo del Design Italiano di Triennale Milano, dell’Esposizione, di design, e di comunicazione.
Com’è nata l’idea della mostra “La tradizione del nuovo”?
“Quando ho cominciato a lavorare alla 23esima Triennale, con il Presidente Stefano Boeri e il curatore Francis Kéré, come prima cosa mi sono chiesto quale relazione avremmo potuto creare tra il Museo del Design e la 23esima Mostra Internazionale. Guardando le Esposizioni precedenti, mi sono reso conto che avevamo immaginato mondi e formulato domande cui non avevamo dato risposte. Mi è sembrato dunque naturale ripercorrere la storia della Triennale, e proporre nuove domande, a cui cercare di offrire risposte e riflessioni. La nostra vita è piena di grandi temi che osserviamo con attenzione, per esempio la relazione tra tempo libero e tempo lavorativo, il rapporto tra ecologia e politica, la rigenerazione urbana, analizzata attraverso l’arredo.
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Su questi temi, ho costruito una mostra che funziona idealmente come un’autostrada: a sinistra, una “corsia”, che contiene la cronologia dal 1964 al 1996; a fianco, diversi approfondimenti, che raccontano le storie di prossimità, i fenomeni, alcuni temi o il ruolo di alcuni personaggi. Questa narrazione cronologica, che si snoda nell’arco di 30 anni, è la storia del design italiano in tutte le sue molteplici sfaccettature, una storia caratterizzata dalla “tradizione del nuovo”.”
Cosa significa, dunque, “La tradizione del nuovo”?
“La tradizione del nuovo” è l’attitudine italiana alla sperimentazione e alla ricerca, che ha caratterizzato il design italiano nel secondo dopoguerra, una sorta di coazione a cercare sempre la novità; si tratta dunque di una tradizione, qualcosa che si ripete, ma ogni volta è qualcosa di nuovo. Partendo dal tema della 23esima Triennale, “Unknown Unknowns”, ho pensato di approfondire la conoscenza delle icone che appartengono al nostro quotidiano; dunque, di come sono nate e cosa sono diventate. La mostra “La tradizione del nuovo”, infatti, è la prima che si incontra quando si comincia la visita della 23esima Triennale; rappresenta dunque un primo passaggio verso l’“Unknown Unknowns”, dove ciò che sappiamo di non sapere, ciò che possiamo scoprire, è proprio la relazione tra i vari mondi che ruotavano attorno alle icone del design.
Designer e imprenditori, nel dopoguerra, infatti, erano riusciti a immaginare una quotidianità che non esisteva ancora, un mondo generato, oltre che dalla sperimentazione, da una continua osservazione del comportamento umano. La grande qualità di quel design italiano, infatti, era proprio il suo ruotare attorno all’uomo, alle sue abitudini e attitudini; ne nascevano nuovi oggetti, che concorrevano a dare vita a un nuovo universo. La mostra racconta questo insieme, sia attraverso le icone dell’arredamento, sia attraverso la comunicazione, gli eventi, le persone che ne hanno fatto parte.”
La mostra ha dunque diversi piani narrativi, da un lato la cronologia delle varie Triennali, con i temi principali di ogni edizione; sull’altro lato, per ogni periodo, sono stati identificati eventi collaterali, fenomeni e personaggi. Quale filo lega i vari piani narrativi?
“La cronologia delle Triennali, dal 1964 al 1996, ha consentito di ricostruire la storia attraverso i grandi temi; per le sue caratteristiche, fin dalla prima edizione, nel 1923 a Monza come Biennale delle Arti Decorative, e dal 1933 al Palazzo dell’Arte a Milano, la Triennale è sempre stata un’esposizione in cui si svolgeva un dibattito culturale, e al tempo stesso si presentavano nuovi prodotti. Con l’arrivo del Salone del Mobile, nel 1961, il prodotto man mano si è concentrato solo sulla Fiera, dunque la Triennale è rimasta il luogo privilegiato del dibattito culturale sul progetto.
Ma, come emerge dalla mostra, la comunicazione ha svolto un ruolo tutt’altro che secondario nello sviluppo del dibattito, grazie all’immediatezza nel cogliere i cambiamenti della società. Per questo, “La tradizione del nuovo” dedica uno spazio alle riviste, che ospitavano e diffondevano temi di attualità; un servizio fotografico di Miro Zagnoli su Modo, per esempio, anticipava la funzione che avrebbe avuto lo schermo negli anni a venire. Le riviste, la comunicazione cartacea in generale, con gli house organ, le fanzine, erano centri di ricerca e dibattito sulla cultura del progetto.
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Eventi, comunicazione e prodotti per comunicare mutamenti nella società
Prodotti, eventi, ricerca culturale, erano strettamente connessi, la storia del letto Nathalie di Flou è piuttosto emblematica di questa interconnessione: il progetto, infatti, nacque da una riflessione sulla necessità di un letto tessile, più culturale che industriale, in seno al Centrokappa, luogo di ricerca per antonomasia. Parallelamente, anche gli eventi appartengono alla storia del design, e a volte ne hanno condizionato l’evoluzione.
Il Design Forum di Linz del 1980 è un altro momento di grande rilievo nella storia del design: da lì, cominciò il movimento che, pochi mesi dopo, portò alla prima collezione Memphis. E continuando, anche il primo negozio Fiorucci di Milano, progettato da Amalia Del Ponte nel 1967, così significativo che mi piace pensare che fosse un’anticipazione degli anni Ottanta. In definitiva, ritengo che gli eventi e la pubblicistica aiutino a raccontare la disciplina del design italiano: il disegno tecnico, il prototipo parlano ad alcune categorie, ma per parlare a tutti, persone ed eventi possono completare il discorso.”
La tecnologia come entra nel racconto della mostra?
“La tecnologia offre alcuni strumenti che possono aiutare il pubblico a conoscere e ad approfondire i contenuti; per esempio, ci sono QR code da cui ci si collega a contenuti digitali, e diversi podcast; inoltre, diversi operatori culturali sono a disposizione del pubblico per qualsiasi domanda. Anziché affiancare la sezione virtuale, in questa mostra ho preferito allestire una sezione “immateriale”, per introdurre il fatto che il design italiano, agli inizi degli anni Novanta, cominciasse a smaterializzarsi, passando dal puro design di prodotto alla comunicazione, al servizio, e che cominciasse ad affrontare le sfide digitali. Dunque, nella sezione “Sinestesie e Musica”, ho puntato sul linguaggio musicale come esperienza non tangibile, ma ricca e accessibile, esplorando la relazione tra i designer e i musicisti.”
Che relazione c’è tra il Museo del Design Italiano e “La tradizione del nuovo”?
“La mostra “La tradizione del nuovo” rappresenta la visione della 23esima Triennale del Museo del Design Italiano, ed è il Padiglione Italia della Triennale. Pur essendo strettamente collegata alla Triennale 2022, la mostra è un progetto del Museo del Design, e questo è un elemento di rilievo, in quanto il 70% degli oggetti esposti proviene dagli archivi della Triennale, e per me questo è importante. Una parte molto significativa del mio lavoro di Direttore del Museo del Design Italiano, infatti, consiste nell’ampliamento della collezione permanente della Triennale.
In questo senso sono andati i due progetti della mostra di Casa Albonico, con gli arredi di Carlo Mollino, che si è tenuta alla fine del 2021, e l’acquisizione e la ricostruzione di Casa Lana, un progetto di architettura d’interni e arredamento di Ettore Sottsass. Ho cominciato a lavorare su quest’ampliamento nel 2020, durante la pandemia e, nonostante le pause forzate, abbiamo già visto risultati interessanti. Ad aprile 2023, per la Milano Design Week, presenteremo un nuovo allestimento, permanente.” [Txt Roberta Mutti, foto courtesy Triennale]
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La tradizione del nuovo – Padiglione Italia
A cura di Marco Sammicheli
Exhibition Design: Zaven23esima Esposizione Internazionale
Triennale di Milano
Prorogata all’8 gennaio 2023