#Designgoeson: Designdiffusion.com ha parlato con Roberto Gavazzi, amministratore delegato di Boffi|De Padova, di smart working e delle opportunità che offre
Nell’emergenza sanitaria che colpisce l’Italia in questi giorni, chiediamo alle aziende italiane quali strategie hanno messo in campo per superare la crisi senza subire eccessivi contraccolpi.
Roberto Gavazzi, amministratore delegato del gruppo Boffi-DePadova-MA/U e Adl: “Le vostre aziende stanno lavorando, in questo periodo?”
Allo stato attuale, le nostre aziende stanno continuando a produrre. Questo è possibile per diversi motivi, collegati ai nostri cicli di lavorazione e alle strategie adottate. Per quanto riguarda la produzione, abbiamo ordini garantiti per due mesi e mezzo almeno, e cerchiamo di evaderli. Abbiamo adeguato gli impianti alle norme di sicurezza dell’emergenza sanitaria, e lavoriamo regolarmente.
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La sorpresa, invece, è arrivata dagli uffici. Su circa 100 persone che lavorano nelle varie funzioni, siamo riusciti a organizzare smart working e telelavoro per circa 80/85 persone. Utilizzando piattaforme diffuse, come Skype, Face Time o Houseparty, riusciamo a organizzare videochiamate a gruppi anche di 8/10 persone, e tutte le funzioni continuano regolarmente. Anzi, ci siamo resi conto alcuni flussi di comunicazione in questo modo si controllano meglio. Tanto è vero che forse, per alcune funzioni, valuteremo se continuare con modalità di questo tipo, magari parziali. Anche perché non è stato così difficile né costoso organizzare tutto il sistema.
La crisi e l’export italiano
L’export sarà ovviamente molto penalizzato, ma dipende da come si muoverà il contagio nei vari Paesi. Se chiudesse solo l’Italia, ovviamente sarebbe molto penalizzata. Ma se chiudono tutti i Paesi del mondo, come sta succedendo, il rischio di perdere quote di mercato si riduce molto. L’importante è che non si creino condizioni di inefficienza che complichino ulteriormente la situazione. Una cosa da considerare, per esempio, dato che abbiamo chiuso prima di altri Paesi, è fare attenzione a riaprire quando riaprono gli altri, non arrivare in ritardo. Augurandosi che non ci siano ulteriori problemi nella filiera.
Boffi, per esempio, può continuare a lavorare perché i fornitori stanno lavorando e i dipendenti stanno tutti bene. Se capita che alcuni fornitori chiudono o che si debba chiudere perché qualcuno si ammala, la produzione si deve interrompere per forza. Sono tutte variabili che possono influire positivamente o negativamente su una situazione che si prospetta complicata, e prolungata nel tempo. Sicuramente la risoluzione non sarà veloce, un mese o più di consumi fermi in tutto il mondo avrà ripercussioni pesanti.
Il Salone del Mobile e l’emergenza sanitaria
Personalmente, penso che sia abbastanza difficile che si possa tenere il Salone del Mobile, nel 2020. Ipotizziamo che l’Italia sia fuori dall’emergenza per la fine di aprile, e che altri Paesi europei la seguano a ruota: per maggio potremmo tornare a una vita più o meno normale. A quel punto, avremmo un mese di tempo per preparare una fiera così importante. Senza dimenticare che le aziende saranno già messe a dura prova dal punto di vista finanziario, e che i visitatori da lontano dovrebbero cominciare a prenotare il mese prossimo. Certamente spero di sbagliarmi, ma mi sembra una prospettiva molto lontana.
Quale impatto potrebbe avere sull’export dell’arredamento un anno senza Salone?
Il Salone del Mobile è importantissimo, ma dobbiamo anche considerare che abbiamo davanti almeno tre mesi di pesanti difficoltà. Inoltre, non sappiamo cosa succederà dopo, quando usciremo dall’emergenza. Riprenderà tutto subito al 100%? O riprenderà tutto progressivamente? E con quale progressione? Ci sono talmente tante incognite, e così importanti, che il Salone del Mobile forse passa anche in secondo piano. Per molte aziende, il problema sarà come tamponare un calo del fatturato che potrà arrivare anche al 30%, e bisogna vedere se si potrà affrontare un investimento come il Salone del Mobile di Milano.
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Tuttavia, non voglio sembrare troppo pessimista. In realtà, noi anche in questo momento abbiamo ordini dalla Cina e dall’Asia, non tantissimi, ma continuiamo a lavorare. In Cina stanno riaprendo, e i nostri negozi possono lavorare facilmente, non c’è il rischio che ci siano assembramenti, quindi probabilmente riprenderanno a lavorare. Inoltre, se il mondo che uscirà dalla crisi del Covid-19 sarà più selettivo, forse per chi propone qualità vera ci saranno vantaggi. Ma ci vorrà del tempo, ora è troppo presto per fare previsioni realistiche.